The Wrestler, il Leone d'Oro va a un americano (piccola maledizione sfatata) e a un cineasta fieramente indipendente, da Hollywood e dal conformismo, Darren Aronofsky. La sua epopea di un lottatore di wrestling vecchio e stanco alla Soriano, triste, solitario y final, ultimo film in concorso, ha sparigliato le carte e messo d'accordo tutti. Un gran peccato, però, che giovani e vecchi critici non abbiano potuto avere il loro amarcord erotico: Kim Basinger e Mickey Rourke a ritirare la Coppa Volpi per le loro magistrali interpretazioni. Anche se il regista di Brooklyn entrato nell'olimpo dei grandissimi veneziani, dovrebbe dividere il riconoscimento a metà con il mitico Mickey: senza di lui (e Evan Rachel Wood e una straordinaria Marisa Tomei) non avrebbe fatto il suo capolavoro. La giuria, che sembra aver percorso un sentiero rigoroso, controverso e difficile (si parla di non poche liti, e d'altronde Golino con Martel o Wim Wenders con Johnnie To e John Landis, a naso, non sembrano avere molto a che spartire) ha scelto diversamente. Gli ambiti riconoscimenti, così, vanno a due attori che comunque li meritano, protagonisti di due film poco riusciti e salvati proprio dalla loro magistrale prova: parliamo di Dominique Blanc per L'autre (molti critici gli hanno dato la coppa Sonnifero) e Silvio Orlando per Il papà di Giovanna e per la gioia del regista Pupi Avati che aveva chiesto a gran voce un giusto premio ai suoi attori. Ma è forse il premio Mastroianni quello più inaspettato e puntuale: l'incantevole Jennifer Lawrence (la Charlize Theron giovane del film The burning plain) ha fatto innamorare tutti, giuria compresa, e così è stata proclamata migliore tra gli attori giovani. Il film favorito, l' etiope Teza - sorta di allucinazione collettiva, il lungometraggio è volenteroso ma mediocre- non arriva al tanto annunciato Leone d'Oro e si deve "accontentare" di un premio Osella per la sceneggiatura, sicuramente più appropriato, e dell'esagerato gran premio della giuria. Soddisfazione per Gerima, osannato da stampa e pubblico come il Kechiche di Cous Cous l'anno scorso, per i due ambitissimi premi di consolazione, il primo peraltro strappato con grande sorpresa a Guillermo Arriaga e Jenny Lumet. Proprio Abdellatif Kechiche presiedeva la giuria sulla migliore opera prima, il premio Luigi De Laurentiis (100.000 dollari divisi tra regista e produttore, altri 40.000 di pellicola Kodak), che riguarda tutte le sezioni, anche quelle parallele alla Mostra.
L'esordiente ha più di mezzo secolo, è Gianni Di Gregorio, e vince con il delizioso Pranzo di Ferragosto (selezionato dalla Settimana della Critica, file per vederlo al festival, incassi imprevedibilmente alti in sala), commedia malin-comica e mai buonista sulla quarta età. Werner Schroeter si aggiudica invece il Leone speciale per l'insieme della sua opera "innovatrice" proprio con il film più brutto dei suoi primi 40 anni (di carriera), Nuit de chien, vittima di ironie molteplici, da Stefano Disegni al muro del pianto (quello di "aridatece i soldi" di Gianni Ippoliti). Così come Paper Soldier di Aleksej German Jr. (film con regista russo e protagonista georgiano), che però raccoglie il secondo premio- il Leone d'Argento- e l'Osella per la fotografia. Segno, questi ultimi riconoscimenti di una giuria in leggero stato confusionale (o forse solo troppo snob) che tiene fuori dal palmares un capolavoro come quello di Jonathan Demme, il lavoro d'animazione irresistibile di Hayao Miyazaki, la commedia amarissima di Amir Naderi. Ha vinto solo uno dei migliori, The wrestler, per la gioia di Andrea Occhipinti di Lucky Red, distributore italiano della pellicola. Venezia saluta e dà appuntamento al prossimo anno (forse con date scalate di una settimana?) sperando in un anno più fortunato per spettatori e selezionatori.
